Il Presidente Angelotti: “Coltivatori e allevatori non stanno facendo altro che denunciare il collasso di un sistema economico e produttivo insostenibile”
Fiesa Confesercenti Liguria esprime la propria solidarietà agli agricoltori e condivide le principali ragioni delle proteste che in queste settimane stanno interessando la quasi totalità dei paesi europei: «Coltivatori e allevatori non stanno facendo altro che denunciare il collasso di un sistema economico e produttivo insostenibile, figlio di politiche, da un lato, ultraliberiste che hanno arricchito in maniera esorbitante le grandi multinazionali e impoverito i cittadini e le piccole imprese – denuncia Gianpaolo Angelotti, presidente di Fiesa Liguria, il sindacato che rappresenta gli alimentaristi iscritti a Confesercenti – e, dall’altro, ultra burocratiche, che soffocano i piccoli produttori agricoli. C’è una catena che unisce il mondo dell’agricoltura a quello del commercio, ed è la filiera che dalla produzione arriva alle tavole, passando per i canali di distribuzione e di vendita: è chiaro, dunque, che i destini di chi lavora la terra e di noi alimentaristi, ma direi della rete del commercio diffuso più in generale, sono strettamente connessi ed entrambi minacciati dal contesto macroeconomico determinato dalle multinazionali della distribuzione e dalle politiche normative europee».
«L’obiettivo delle proteste di questi giorni – prosegue Angelotti – è mettere in discussione la politica comunitaria che, da una parte, impone ai produttori dell’Unione Europea l’osservanza di regole stringenti e sempre più rigorose ma, dall’altra, spalanca le porte all’importazione di prodotti originari di paesi che non devono sottostare agli stessi standard di sicurezza e tutela sul lavoro e di eccellenza, né alle stesse normative sanitarie: e tutto questo al solo scopo di abbattere i costi di produzione e dunque il prezzo alla vendita, consentendo alle grandi multinazionali alimentari e della grande distribuzione di ottenere margini sempre più grandi con cui remunerare azionisti e manager. Dall’altra parte, invece, il presunto beneficio del consumatore, cioè quello di avere accesso a prodotti sottocosto, cela in realtà un lungo elenco di esternalità negative: innanzitutto il depauperamento del prodotto alimentare, con il rischio che sulla nostra tavola finiscano cibi sempre più carenti dal punto di vista nutritivo, se non addirittura pericolosi per la salute; per non parlare delle conseguenze sociali di questo continuo gioco al ribasso: e cioè la chiusura di migliaia di attività, in primis quelle agricole e, a cascata, quelle di commercio al dettaglio, che sono invece presidio essenziale dei nostri territori; e, ancora, lo sfruttamento dei lavoratori della filiera alimentare e distributiva ai quali viene fatto pagare il vero prezzo del sottocosto, in termini di salari da fame e orari di lavoro sfiancanti».
«Per tutti questi motivi – conclude il presidente regionale Fiesa Angelotti – ribadiamo dunque la nostra vicinanza agli agricoltori e, al di là di ogni giudizio politico, condividiamo l’attuale indirizzo del Ministero dell’Agricoltura, teso alla difesa e tutela del vero made in Italy, anche in campo alimentare: un made in Italy che non consista, quindi, nel semplice assemblaggio, qui in Italia, di prodotti di origine sconosciuta, bensì nella tutela della qualità e nella tradizione delle produzioni autoctone. Ai consumatori bisogna cominciare a spiegare che a furia di rincorrere il prezzo più basso finiranno essi stessi vittime, perché quella pratica ha superato da tempo i confini del mondo alimentare e riguarda da vicino tutto il mondo dei beni di largo e generale consumo, delle professioni e dell’industria. La ricerca costante del costo più basso è una minaccia per le società occidentali. Una minaccia mortale per il made in Italy: dal cibo alla moda, dalle professioni all’artigianato. Come Fiesa Confesercenti nazionale abbiamo patrocinato e sostenuto la legge per contrastare le vendite al continuo ribasso: non tutti capirono il senso di quella battaglia che era una battaglia di civiltà. È ora di riaprire quel dossier e riformare la legge in senso più ampio e più rigoroso. Servono nuove regole pienamente rispettose dei valori di civiltà, qualità e benessere. Questo meritano i cittadini europei».
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