Euro digitale e pagamenti elettronici: le dieci richieste delle imprese del terziario al policy maker italiano

In Italia i pagamenti elettronici hanno ormai superato quelli in contanti e il Paese è oggi quello con il maggior numero di POS in Europa, circa 3,3 milioni. Dietro questo progresso restano però aperti alcuni nodi: l’infrastruttura dei pagamenti è in larga parte nelle mani di grandi player internazionali privati, che concentrano dati e potere di mercato, con effetti sui costi per micro e piccole imprese e, di riflesso, sui consumatori. Pagamenti elettronici ed Euro digitale non sono quindi solo un tema tecnico, ma una questione che riguarda concorrenza, sovranità digitale europea e funzionamento dell’economia.

Per questo Confesercenti, Confcommercio, Fipe e Netcomm hanno messo a punto un position paper con dieci richieste rivolte al policy maker italiano, in vista del negoziato europeo sull’Euro digitale e della definizione di una strategia nazionale sui pagamenti elettronici. L’obiettivo è rendere la moneta digitale pubblica uno strumento di maggiore efficienza, autonomia e riduzione dei costi per imprese e cittadini.

Nel position paper vengono avanzate dieci richieste precise:

  • assenza di commissioni dirette per i consumatori nell’utilizzo dell’Euro digitale;
  • comunicazione chiare e trasparente a tutti i livelli per favore l’utilizzo e l’accettazione dell’Euro Digitale;
  • un approccio con indicatori chiari su costi, velocità e trasparenza dei pagamenti e una valutazione indipendente sugli effetti per decisioni basate su dati e non su percezioni;
  • Serve individuare un modello di costo equo, che assicuri parità tra imprese, azzeramento dei costi sui micropagamenti e un tetto massimo di 4 centesimi a transazione per gli esercenti;
  • definizione di benchmark tariffari basati sui circuiti più efficienti o sui quartili di costo più bassi del mercato, e non sulle medie influenzate dai circuiti più cari;
  • remunerazione dei prestatori di servizi di pagamento commisurata ai costi effettivi, con un margine equo ma senza extraprofitti;
  • potenziamento dei flussi informativi su quote di mercato, livelli commissionali e schemi di prezzo;
  • creazione di un database nazionale aperto sui pagamenti;
  • promozione del co-badging tra circuiti internazionali e domestici per riequilibrare la concorrenza a favore delle soluzioni più efficienti;
  • rafforzamento degli standard europei di comparabilità delle offerte di acquiring, così da consentire agli esercenti confronti semplici e immediati;
  • costruzione di una strategia nazionale sui pagamenti elettronici che valorizzi le buone pratiche già sperimentate, a partire dal Protocollo POS del 2023.

 

“Chiediamo al governo di fare proprie queste priorità nella posizione italiana al tavolo europeo sull’Euro digitale, per evitare che la nuova moneta digitale replichi gli squilibri dell’attuale mercato, in cui micro e piccole imprese sostengono costi molto più elevati rispetto alle grandi. Confesercenti chiede trasparenza, equità e costi sostenibili nei pagamenti elettronici e sostiene l’introduzione dell’Euro digitale come un’opportunità per rafforzare la sovranità europea, aumentare la concorrenza e ridurre i costi per imprese e consumatori. Proprio per questo riteniamo essenziale individuare un modello di costo equo, che garantisca parità di trattamento alle imprese di tutte le dimensioni, gratuità per i piccoli importi ed equilibrio per le transazioni di valore più elevato. Se il costo per gli utenti fosse semplicemente allineato a quello medio degli strumenti privati, ma incrementato del costo pubblico dell’infrastruttura, il progetto rischierebbe di risultare antieconomico e di rafforzare le ragioni dei suoi detrattori”.

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